CUORE UNIVENTRICOLARE

Premessa:
Questo capitolo è dedicato a tutti coloro che si sono sentiti dire di fronte alla richiesta di spiegazioni sulla propria malformazione cardiaca: “questa malformazione deve essere indirizzata ad un percorso univentricolare, questo è un cuore univentricolare…questa malformazione va indirizzata a Fontan ”.
Ma cosa significa realmente cuore univentricolare? Può esistere un cuore con un solo ventricolo? Ebbene sì, e vediamo di capire di cosa si tratta.
Intuitivamente potremmo pensare a tutte quelle malformazioni in cui il cuore ha un solo ventricolo, e questo potrebbe essere corretto da un punto di vista anatomico. Esempi di cuori anatomicamente univentricolari sono:
• L’atresia della tricuspide, in cui vi è lo sviluppo del solo ventricolo sinistro
• La sindrome del cuore sinistro ipoplasico, in cui vi è lo sviluppo del solo ventricolo destro
Classificare il cuore univentricolare come entità prettamente anatomica può essere tuttavia non completamente corretto, perché vi sono molti casi di cuori che, pur avendo due ventricoli ben rappresentati anatomicamente, presentano complesse malformazioni associate che impediscono di separarli in maniera tale che ognuno possa sostenere la propria parte di circolazione, ovvero il ventricolo destro che sostiene la circolazione polmonare e il ventricolo sinistro che sostiene la circolazione sistemica.
Alcuni esempi?
• Alcuni casi di ventricolo destro a doppia uscita con difetto interventicolare remoto (non committed) dove la connessione al ventricolo sinistro con l’aorta non può essere in alcun modo effettuata
• Alcuni casi di difetti interventricolari multipli in cui la separazione dei due ventricoli risulta per il chirurgo impossibile
• Alcuni casi di stenosi congenita della valvola aortica
• Alcuni gravi casi in cui vi sono malformazioni complesse associate: come ad esempio casi di canale atrioventricolare completo con difetto interventricolare ampio, trasposizione delle grandi arterie e atresia polmonare (ahimè…esistono anche casi così gravi)
In tutti questi esempi, anche se i due ventricoli sono anatomicamente presenti, completamente o per la maggior parte, il cuore e la circolazione non possono essere suddivisi.
Pertanto è più corretto parlare di FISIOLOGIA UNIVENTRICOLARE, in particolare riferendoci a quella situazione in cui il cuore, inteso come parte anatomica presente, sarà destinato a pompare il sangue ossigenato nella circolazione sistemica, mentre il sangue non ossigenato verrà fatto passare nei polmoni attraverso dei meccanismi “passivi” ovvero, più specificamente, senza l’utilizzo di una forza propulsiva come quella del ventricolo. Vediamo di analizzare insieme le cose per gradi, cercando dapprima di capire i principi del funzionamento del cuore univentricolare attraverso i suoi principali step palliativi:
1. Palliazione neonatale(…….qui è difficile trovare un sostituto a palliazione…potrebbe essere trattamento ma non rende…..la palliazione è il contrario della correzione…….fatemi sapere se non si può lasciare che ci ragioniamo ancora)
2. Anastomosi cavo-polmonare bidirezionale (Intervento di Glenn)
3. Connessione cavo-polmonare totale (Intervento di Fontan)
Successivamente cercheremo di discutere alcuni difetti specifici che rappresentano esempi anatomici classici di cuore univentricolare:
• L’ATRESIA DELLA TRICUSPIDE
• IL CUORE SINISTRO IPOPLASICO
Fisiopatologia del cuore Univentricolare e costruzione di un circuito di Fontan
Quando ci troviamo di fronte ad un cuore definito univentricolare, come già accennato, il difetto anatomico in questione impedisce che il ventricolo destro o sinistro sostengano le rispettive circolazioni.
In condizioni normali le due circolazioni, polmonare e sistemica sono separate ed indipendenti. Nel cuore univentricolare uno dei due sistemi può avere un difetto che lo rende inutilizzabile. Bisognerà quindi che il solo ventricolo esistente venga utilizzato per pompare il sangue ossigenato nel corpo, mentre il sangue non ossigenato raggiungerà i polmoni per mezzo di meccanismi passivi.
Generalmente le arterie polmonari e le loro principali diramazioni presentano una parete molto elastica, a differenza delle arterie sistemiche che sono più muscolarizzate. Questa loro caratteristica strutturale permette alle arterie polmonari di offrire poca resistenza (quindi facile passaggio) al flusso di sangue. Lo sviluppo, la struttura e la funzione delle arterie polmonari sono quindi il primo requisito fondamentale per il funzionamento di una fisiologia univentricolare.
Per questo motivo, già nel periodo neonatale, i bambini destinati ad un percorso di palliazione univentricolare possono avere bisogno di manovre chirurgiche o per favorire la crescita di arterie polmonari nate piccole (ipoplasiche), ad esempio mediante o mediante approccio chirurgico con uno shunt sistemico polmonare (in gergo tecnico mBT, modified Blalock-Taussig, Blalock-Taussing modificata, ovvero una connessione artificiale, mediante un tubicino di goretex) (Fig. A) o mediante procedure interventistiche come il posizionamento di uno stent(una sorta di impalcatura per evitare che il dotto di Botallo si chiuda) nel dotto di Botallo. Al contrario, quando invece le arterie polmonari sono ben sviluppate ma sottoposte ad uno stress pressorio elevato, potrebbe essere necessario proteggerle mediante un bendaggio dell’arteria polmonare. Questa procedura prevede il reale posizionamento di una benderella intorno all’arteria polmonare principale in maniera da ridurre il sangue che raggiunge, a pressioni elevate, le arterie polmonari (Fig. B).
In condizioni normali, nel corpo umano, il sangue non ossigenato viene convogliato al cuore attraverso due grandi vene che sboccano in atrio destro: la vena cava superiore e la vena cava inferiore. La creazione di un circuito per fisiologia univentricolare prevede che ad intervalli ben definiti, le due vene cave vengano connesse direttamente alle arterie polmonari “bypassando” (ovvero scavalcando) il cuore. Tale connessione si verifica tra i 4 e gli 8 mesi di vita per la vena cava superiore, e tra i 4 e i 6 anni di vita del paziente per la vena cava inferiore. Questa tempistica è molto strategica ed ha un significato funzionale che rispecchia gli stadi di crescita del bambino. Nel primo anno di vita, infatti, il maggior volume di sangue dell’organismo è concentrato nella parte superiore del corpo: braccia, tronco ed in particolare cervello. Per tale motivo il primo passaggio della creazione di una fisiologia univentricolare è l’intervento di anastomosi cavo-polmonare bidirezionale meglio conosciuta come “Glenn”. In questo intervento chirurgico, la vena cava superiore viene staccata dall’atrio destro e suturata alle arterie polmonari, generalmente all’arteria polmonare destra (che comunque rimane in comunicazione con la sinistra). Per la posizione della vena cava superiore, precisamente al di sopra dell’arteria polmonare, questa connessione, definita tecnicamente “anastomosi”, non richiede l’interposizione di materiale artificiale. Il flusso di sangue di tutti i distretti superiori del corpo verrà quindi indirizzato a entrambi i polmoni, manovra che determinerà contemporaneamente due effetti principali: l’aumento della saturazione di ossigeno, per aumento della quantità di sangue che sarà ossigenato e la riduzione del sovraccarico di volume del ventricolo unico che era costretto a pompare finora il sangue di entrambe le circolazioni.
Tuttavia, la riduzione del sovraccarico di volume ed il miglioramento della cianosi sono solo parziali a questo stadio, perché una quota ancora proveniente dalla vena cava inferiore (non ossigenata ovviamente) si mescola al sangue proveniente dai polmoni e deve essere pompata dal ventricolo unico. La separazione definitiva tra le due circolazioni avviene tra i 4 e i 6 anni di età attraverso la connessione cavo-polmonare totale, comunemente conosciuta come Intervento di Fontan o “Fontan”. In questo periodo della vita, il bambino ha già imparato a camminare e passa molto del suo tempo a muoversi e giocare in posizione eretta. Tecnicamente, la vena cava inferiore viene staccata dall’atrio destro e collegata alle arterie polmonari. Essendo tuttavia la vena cava inferiore lontana dalle arterie polmonari, per permetterne la connessione viene interposto un tubo di Gore-Tex tra tali strutture. A questo punto le due circolazioni sono completamente separate ed il sangue potrà defluire passivamente nei polmoni. In questo stadio, si osserva un marcato aumento dei valori di saturazione che nella maggioranza dei casi raggiungono i livelli di normalità. Il sovraccarico di volume del ventricolo unico è “praticamente” annullato.
Ma quali sono questi meccanismi passivi che permettono al sangue di raggiungere i polmoni ed ossigenarsi? I meccanismi sono tre e sono:
• La vis a tergo: il ventricolo unico pompa il sangue e noi potremmo rappresentare il sangue come un’unica colonna di numeri: 1-2-3-4-5-6-7-8-9 e 10. Tutti le parti della colonna spinte dall’unico ventricolo circolano in fila nel corpo passando anche (quindi l’uno spinge il due che spinge il tre…..e via di seguito);
• Il secondo meccanismo è la pompa dei cosiddetti muscoli scheletrici: l’essere umano, bambino o adulto, passa la maggior parte del suo tempo muovendo i muscoli, delle braccia ma soprattutto delle gambe. Le grosse vene sono collocate strategicamente in mezzo ai muscoli scheletrici ed il sangue che vi scorre dentro viene spremuto ed indirizzato verso il cuore grazie al lavoro di alcune valvole che impediscono che esso torni indietro;
• Il terzo ed ultimo meccanismo è una potente pressione negativa che si genera nel torace durante la respirazione grazie al contributo diaframmatico. Quando noi inspiriamo, infatti, il diaframma si abbassa verso l’addome espandendo il volume del torace. Questo meccanismo genera una forte pressione negativa intratoracica che aspira il sangue dirigendolo verso il cuore.
Ecco quindi come tutti i meccanismi insieme concorrono al movimento passivo del sangue verso i polmoni senza l’utilizzo della forza propulsiva di un ventricolo.
Tuttavia la fisiologia univentricolare non è così semplice come si potrebbe pensare. Al contrario, essa comporta anche delle problematiche che in alcuni casi possono essere progressive, a tal punto da determinarne il suo malfunzionamento. La prima cosa da comprendere è che, in quanto passivo, il flusso di sangue venoso è sottoposto a pressioni elevate. L’elevata pressione venosa è determinata dal lento scorrimento del sangue. A causa di questo incremento nella pressione venosa, il sangue ristagna negli organi che sono a monte del cuore (in particolare fegato ed intestino). Gli stessi polmoni, sono soggetti a questo ristagno e a questa pressione venosa elevata. Questo meccanismo può determinare, con il passare del tempo, uno “stravaso” di liquidi nelle cavità del corpo come le pleure o l’addome (i cosiddetti “versamenti”). Quando ciò avviene nei polmoni, il liquido può essere particolarmente denso, al punto da formare dei “tappi” nei bronchi, complicanza conosciuta come bronchite plastica. A livello intestinale, invece, lo stravaso di liquido ispessisce le pareti dell’intestino, ostacolando l’assorbimento delle proteine complicanza conosciuta come sindrome proteino-disperdente.
Queste sono alcune delle più gravi conseguenze derivanti dal malfunzionamento progressivo di un circuito univentricolare. In molti casi, il trattamento farmacologico per mezzo di farmaci come i vasodilatatori polmonari permette un ottimo recupero delle funzioni del circuito univentricolare. In altri casi, tuttavia, quando il malfunzionamento è progressivo ed irreversibile, l’unica soluzione terapeutica è il trapianto cardiaco.
L’ATRESIA DELLA TRICUSPIDE
Definizione: L’atresia della tricuspide (AT) è una malformazione cardiaca congenita in cui vi è una mancanza di connessione tra l’atrio destro ed il ventricolo destro, il quale per tale motivo non si sviluppa. È sempre presente un difetto interatriale ma soprattutto interventricolare che può essere più o meno grande. I vasi del cuore possono avere origine normale o essere in trasposizione delle grandi arterie.
Aspetti anatomici : Nella AT la valvola atrioventricolare destra è assente e sostituita da una membrana fibrosa imperforata. Il ventricolo destro è caratterizzato da una cavità virtuale e rappresentato spesso dalla sola porzione infundibolare. È presente un difetto interatriale generalmente ampio. Le cavità sinistre (atrio e ventricolo) sono in genere dilatate, a causa del sovraccarico di volume che le attraversa. Il difetto interventricolare è raramente ampio: al contrario, è spesso restrittivo e può avere tendenza alla chiusura. Questo può essere una fonte di ostacolo al flusso sanguigno verso i polmoni. Ulteriori stenosi al deflusso del sangue possono essere a livello dell’ostium infundibuli, ovvero la normale via di uscita del ventricolo destro. I vasi arteriosi del cuore possono originare normalmente (vasi normoposti) o più raramente può essere presente trasposizione delle grandi arterie.
FISIOPATOLOGIA E CLINICA:
Premessa: La fisiopatologia della AT, e quindi la sua espressione clinica, dipendono principalmente dall’origine delle grandi arterie. In questo capitolo tratteremo la fisiopatologia dell’atresia della tricuspide classica (che è anche la più frequente) con vasi normocorrelati, tralasciando la fisiopatologia della forma in trasposizione delle grandi arterie per la cui comprensione si rimanda al capitolo sulle ostruzioni sistemiche di cui parleremo nel cuore sinistro ipoplasico.
Fisiopatologia e clinica: L’atresia della tricuspide è un difetto cardiaco congenito cianogeno. La cianosi (ovvero il colorito bluastro della cute e delle mucose dovuto alla riduzione dell’ossigeno nel sangue arterioso) è dovuta a due meccanismi principali nell’AT:
• l’ostacolo che il sangue incontra per raggiungere i polmoni ed ossigenarsi: gli ostacoli presenti nell’atresia della tricuspide possono essere a livello del difetto interventricolare, a livello dell’ostium infundibuli o della valvola polmonare. La sede più frequente è a livello dell’ostium infundibuli. Il grado di ostruzione determinerà il livello di cianosi;
• il mixing del sangue ossigenato con il sangue non ossigenato: nella AT che non ha ancora completato tutta la stadiazione univentricolare (intervento di Glenn e intervento di Fontan), il sangue ossigenato proveniente dai polmoni nell’atrio sinistro si mescola al sangue non ossigenato proveniente dall’atrio destro. Quest’ultimo possiede anche una saturazione di ossigeno diversa rispetto al sangue proveniente dai polmoni, e va a costituire il pool ematico che viene poi pompato nella circolazione sistemica (Fig.6).
Nella AT i valori di saturazione di ossigeno alla nascita possono oscillare tra 75 e 85%. Il bambino viene monitorizzato durante le sue prime fasi della vita e le scelte terapeutiche sono proprio effettuate sulla base dei suoi livelli di saturazione. Se la saturazione di ossigeno scende al di sotto di questi valori, può essere necessaria una procedura palliativa precoce come lo shunt sistemico polmonare (Fig. 3).
Diagnosi: La diagnosi di AT si avvale di diversi esami strumentali che sono necessari al chirurgo di avere informazioni anatomiche e funzionali sul difetto. L’esame morfologico del cuore viene effettuato agevolmente mediante ecocardiografia transtoracica. Durante la preparazione ai principali due step palliativi, Glenn e Fontan, di particolare importanza risulta il cateterismo cardiaco che permette di avere informazioni funzionali come le pressioni lungo tutte le componenti che andranno poi a costituire il circuito univentricolare (vene cave, arterie polmonari, atri, ventricoli). Infine, attualmente la TAC e la Risonanza Magnetica hanno raggiunto livelli di accuratezza tale da fornire informazioni anatomo-funzionali di grande importanza per la preparazione dei pazienti e pertanto sono sempre più impiegati nella pratica clinica.
Terapia : Poiché la AT appartiene alla categoria del cuore univentricolare, la sua terapia è chirurgica, e gli interventi possibili sono definiti palliativi e non correttivi. Come descritto nella premessa, gli step chirurgici sono in genere 2-3:
• Palliazione neonatale (shunt sistemico polmonare o bendaggio dell’arteria polmonare) (Fig. 3B)
• Intervento di Glenn (Fig. 4)
• Intervento di Fontan (Fig. 5)
Escludendo la chirurgia palliativa neonatale, che in genere non richiede la circolazione extracorporea, gli interventi di Glenn e di Fontan vengono effettuati per sternotomia mediana e richiedono l’utilizzo della macchina cuore-polmone. In alcuni casi, come ad esempio quando è necessario effettuare procedure all’interno del cuore (ad esempio, l’allargamento del difetto interatriale o la riparazione della valvola atrioventricolare sistemica), è necessario anche fermare il cuore mediante cardioplegia ed aprirne le cavità per lavorare al suo interno.
Prognosi: Per la prognosi della AT si rimanda al paragrafo sulla prognosi del cuore univentricolare che sarà trattato al termine di questo capitolo.
IL CUORE SINISTRO IPOPLASICO:
Definizione e generalità : Malgrado tecnicamente la costellazione di lesioni che possono coesistere nel cuore sinistro ipoplasico siano molteplici, esso può essere definito come una grave malformazione cardiaca caratterizzata da un marcato iposviluppo del ventricolo sinistro che non può sostenere la circolazione sistemica. Generalmente le lesioni più frequenti che determinano il mancato sviluppo del ventricolo “più importante” del cuore sono la stenosi (restringimento) o la completa atresia (chiusura) della valvola mitrale o aortica (o di entrambe). Inoltre, l’aorta ascendente, arteria che origina dal ventricolo sinistro, e l’arco aortico, fino alla porzione che si interseca con il dotto di Botallo, sono anch’essi generalmente colpiti.
Si tratta, quindi, di una condizione incompatibile con la vita se non sottoposta a trattamento sin dalle prime ore di vita. Pertanto, nonostante la grossa evoluzione delle terapie mediche e chirurgiche, il cuore sinistro ipoplasico rimane oggi una delle cardiopatie con il maggior rischio di mortalità a breve e lungo termine.
Aspetti anatomici: Nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico la valvola mitrale ed aortica possono essere completamente chiuse e sostituite da diaframmi imperforati. La cavità del ventricolo sinistro è assente o virtuale nel 95% dei casi. L’aorta ascendente nella maggioranza dei casi ha un diametro di pochi millimetri (tra 1-5 mm), così come l’arco aortico (Fig.7). Questo rende necessario mantenere la pervietà del dotto arterioso di Botallo e la perfusione retrograda dei territori irrorati dai vasi epiaortici (collo, testa e braccia) e delle arterie coronarie. In alcuni casi, vi possono essere delle connessioni anomale (fistole) tra il ventricolo sinistro virtuale e le arterie coronariche.
E’ presente un difetto interatriale dalle dimensioni più o meno ampie. Il ventricolo destro è ingrandito rispetto al normale e la valvola tricuspide presenta un diametro maggiore e in alcuni casi può essere incontinente. Il tronco della polmonare e le arterie polmonari sono generalmente di buon calibro.
Fisiopatologia e clinica: La fisiopatologia del cuore sinistro ipoplasico non mostra particolari segni clinici od instabilità nelle prime ore e giorni di vita. Questo è dovuto a due principali fattori: 1) la pervietà del dotto di Botallo, che permette una perfusione sistemica altrimenti non assicurata per via anterograda da ventricolo sinistro ed aorta;
2) le elevate resistenze vascolari polmonari (RVP) (che riducono l’ingresso di sangue nel circolo polmonare) che favoriscono il passaggio di sangue verso gli organi periferici.
In questa fase, il sangue pompato dal ventricolo destro ha una saturazione più bassa di quella di un soggetto normale, perché è risultato del mixing tra sangue ossigenato e non ossigenato a livello dell’atrio destro.
Se il bambino fosse lasciato in queste condizioni, i cambiamenti circolatori che avvengono nelle prime due-tre settimane di vita determinerebbero le seguenti gravi conseguenze:
1) le RVP tenderebbero a ridursi e questo determinerebbe un marcato spostamento del sangue verso i polmoni (iperafflusso polmonare) a discapito del sangue che dovrebbe raggiungere gli organi periferici, situazione definita come “stato da bassa portata”;
2) tale quadro si amplificherebbe fino a portare a morte il bambino, nel momento in cui il dotto di Botallo andrebbe incontro a chiusura (come avviene fisiologicamente).
Per tale motivo, il neonato con cuore sinistro ipoplasico viene sottoposto nella prima settimana di vita a procedure chirurgiche (Intervento di Norwood classico o modificato secondo Sano) o a procedure ibride chirurgico-interventistiche.
Diagnosi: La diagnosi del cuore sinistro ipoplasico segue gli stessi criteri/algoritmi indicati per l’atresia della tricuspide ai quali si rimanda il lettore per la sua comprensione.
Terapia: Nota importante per il lettore: La chirurgia del cuore sinistro ipoplasico è un argomento di estrema complessità, e la sua comprensione richiede una elevata conoscenza di aspetti anatomo-chirurgici del cuore, cosa che agli stessi operatori richiede anni di dedicato studio, osservazione degli esami diagnostici e visione intraoperatoria. Pertanto, nonostante nel paragrafo seguente abbiamo cercato di semplificare e sintetizzare parole e concetti, la loro comprensione potrà risultare comunque difficile. È per tale motivo che si raccomanda al lettore di utilizzare queste pagine solo come punto di partenza per un più approfondito colloquio con un cardiochirurgo pediatrico.
L’approccio chirurgico al cuore sinistro ipoplasico è costituito da una procedura di grande complessità: l’intervento di Norwood, che prende il suo nome dal chirurgo che lo eseguì per la prima volta (per rigore scientifico e storico, è bene sottolineare che alcuni dei principi che stanno alla base dell’intervento di Norwood erano già stati descritti in precedenza per il trattamento chirurgico di altre malformazioni cardiache congenite e furono riadattate da William Norwood nel trattamento del cuore sinistro ipoplasico).
L’intervento di Norwood si esegue in anestesia generale, in circolazione extracorporea, a cuore aperto e “fermo”. Per la necessità di ricostruire l’aorta ascendente e l’arco aortico in tutta la sua estensione (fino all’aorta toracica discendente), alcune fasi dell’intervento chirurgico richiedono il marcato raffreddamento corporeo (ipotermia profonda), e la perfusione selettiva del cervello. Una volta ricostruiti l’aorta ascendente e l’arco aortico, procedura che viene effettuata per mezzo o di pericardio autologo (pericardio del paziente) o per mezzo di homograft (tessuto biologico da donatori umani), l’unico ventricolo presente, il ventricolo destro, viene collegato alle strutture ricostruite per pompare sangue direttamente nella circolazione sistemica. Per permettere ciò, il ventricolo destro deve essere quindi separato dalle due arterie polmonari che verranno perfuse successivamente per mezzo di un tubo di gore-tex tra l’arteria succlavia sinistra e l’arteria polmonare destra (BTM, shunt di Blalock-Taussig modificato – Norwood Classica) o tra il ventricolo destro e la biforcazione delle arterie polmonari (condotto VD-AP – Norwood-Sano) (Fig. 8). Dato l’elevato impatto di questo tipo di chirurgia e lo “stravolgimento” della circolazione in cui il ventricolo destro si trova a far fronte alle esigenze di tutto l’organismo (cosa per la quale non è strutturalmente programmato), il paziente con cuore sinistro ipoplasico spesso viene lasciato con lo sterno aperto per le prime 24-48 ore postoperatorie. In questa fase vengono attuate tutta una serie di interventi farmacologici che hanno lo scopo di ridurre al minimo le richieste di ossigeno dei tessuti, aiutare la contrazione del cuore e ridurre lo stravaso di liquidi in maniera da mantenere vitali le funzioni dell’organismo.
LA PROGNOSI DEL CUORE UNIVENTRICOLARE:
Caro lettore, siamo giunti alla fine di questo impegnativo capitolo sul cuore univentricolare. Come abbiamo sottolineato all’inizio, parlare di cuore univentricolare è molto difficile, in particolare per l’ampia costellazione di lesioni che si possono classificare con tale termine.
Risulta pertanto allo stesso modo difficile dare in questa sede un giudizio e dei numeri sul discorso prognostico del cuore univentricolare, argomento su cui la letteratura scientifica del settore ha scritto e continua a scrivere ogni anno numerose pubblicazioni. Tuttavia, le due cardiopatie che abbiamo utilizzato come esempio possono darci alcuni elementi per dare una risposta riguardo il discorso prognostico.
Cosa significa questo?
Innanzitutto, l’anatomia del ventricolo dominante ha un grosso impatto sulla fisiologia di un cuore univentricolare. Ventricoli unici di morfologia sinistra hanno dimostrato di avere risultati migliori in termini di sopravvivenza e qualità di vita rispetto a ventricoli di morfologia destra. Tale risultato può in parte essere spiegato poiché il ventricolo sinistro ha delle caratteristiche anatomiche che lo predispongono al lavoro contro la circolazione sistemica. La forza propulsiva del ventricolo sinistro è maggiore rispetto al ventricolo destro e le ragioni vanno ricercate nella struttura ed organizzazione delle fibre muscolari che lo compongono. Allo stesso tempo, però, questa affermazione può trovare delle obiezioni e per dimostrarlo possiamo portare ad esempio casi di cuori univentricolari morfologicamente sinistri (come ad esempio nell’atresia della polmonare, con difetto interventricolare o a setto intatto) ma nei quali lo sviluppo delle arterie polmonari può essere talmente compromesso da ostacolare quei meccanismi passivi che abbiamo visto sottendere al funzionamento di un circuito univentricolare completo e quindi di influire sulla sopravvivenza (prognosi “quoad vitam”) del paziente.
Lo stesso discorso vale per quella che viene definita prognosi “quoad valetudinem”, ovvero sulla possibilità di svolgere normali funzioni fisiologiche quali anche compiere attività sportiva. Il fatto di avere un cuore univentricolare non esclude assolutamente la possibilità di vivere una vita normale, come anche la possibilità di procreazione. Naturalmente, ogni caso va analizzato singolarmente.
Infine, ogni singola malformazione ha un rischio di mortalità che cambia in base al momento in cui viene valutata, ovvero a seconda dello stadio di palliazione in cui viene affrontata e ai cambiamenti circolatori che ne derivano.
Pertanto “le prognosi” del cuore univentricolare sono molteplici e ogni singola malformazione ed in particolare le sue “sfaccettature” (perché, come abbiamo più volte ripetuto, ogni singola malformazione può svilupparsi con sfumature diverse) vanno discusse insieme al chirurgo prima della chirurgia.
Per concludere, il rapporto tra il chirurgo ed il paziente, attraverso i colloqui, prenatali, pre-chirurgici e nel follow-up rimangono fondamentali per comprendere ed affrontare i vari passaggi di un percorso per molti aspetti difficile da comprendere, ma che al momento attuale vede la presenza di team multidisciplinari che possono occuparsi di ogni singola problematica del paziente cardiopatico congenito.