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ARITMIE CARDIACHE

Definizione e generalità:
La contrazione del muscolo cardiaco, che pompa il sangue verso i polmoni e l’intero organismo, è regolata dalla propagazione degli impulsi elettrici attraverso le fibre muscolari, facilitata da specifiche cellule che costituiscono il tessuto del sistema di conduzione elettrico cardiaco.

Questo ultimo è formato da quattro strutture fondamentali (figura):
• il nodo senoatriale (NSA)
• il nodo atrioventricolare (NAV)
• il sistema di conduzione intraventricolare, costituito fascio di His, tronco comune e branche destra e sinistra
• Fibre di Purkinje.

L’impulso elettrico origina a livello del NSA (le cui cellule si “depolarizzano” spontaneamente) e da qui si dirige prima attraverso gli atri e poi a livello del NAV. Da qui, esso arriva ai ventricoli attraverso il fascio di His e le fibre di Purkinje.

Nel neonato, fisiologicamente, la frequenza cardiaca è compresa tra 110 e 180 battiti al minuto. Tra 1 e 6 anni, essa è compresa tra 90 e 130 battiti al minuto in condizioni di riposo, mentre dai 6 ai 12 anni è compresa tra 60 e 110 battiti al minuto.

Le aritmie cardiache sono alterazioni del ritmo del cuore, e possono essere fisiologiche (dovute alle attività che si svolgono quotidianamente, per esempio l’attività fisica o stress emotivi, o causate da alterazioni dell’organismo come febbre o anemia) o patologiche.
Dai 7 anni in poi, può essere inoltre presente la cosiddetta “aritmia sinusale respiratoria” che è un fenomeno assolutamente benigno e caratterizzato da variazioni del ciclo sinusale e della frequenza legate agli atti respiratori.
Le aritmie possono presentarsi come accelerazioni del battito cardiaco, ovvero tachi-aritmie, o decelerazioni del battito cardiaco, ovvero bradi-aritmie.
Come già accennato, alcune aritmie possono essere fisiologiche come le tachicardie associate ad attività fisica, stress emotivo, febbre, anemia, o il rallentamento del battito cardiaco che può verificarsi nel sonno. Altre, invece, possono essere pericolose e richiedono di essere trattate con farmaci o con interventi più invasivi (ablazione trans-catetere della aritmia o impianto di pacemaker o defibrillatore).

Passeremo a seguire in rassegna le principali aritmie cardiache soffermandoci in particolare su quelle più frequenti.

Caratteristiche
Tra le aritmie patologiche troviamo:
– aritmie primitive: causate da un difetto del sistema di conduzione elettrico del cuore;
– aritmie secondarie: secondarie, ad esempio, ad intervento cardiochirurgico o ad assunzione di farmaci;
– aritmie genetiche.

Le tachicardie come già accennato sono caratterizzate da accelerazioni del battito cardiaco che possono durare da pochi secondi a diverse ore e possono interrompersi spontaneamente o perdurare, sino a causare un aumento rilevante del ritmo cardiaco (la cosiddetta fibrillazione, che può condurre anche ad interruzione della attività elettrica cardiaca) e richiedere pertanto un intervento specifico medico. Per parlare di tachicardia, la frequenza cardiaca deve superare i 220 battiti per minuto nel neonato e i 180 battiti per minuto nel bambino.
Esse possono essere di due tipi:

– sopraventricolari (a partenza dalle cavità atriali): sono le aritmie più frequenti in età pediatrica;
– ventricolari (a partenza dalle cavità ventricolari).

Tra le aritmie sopraventricolari troviamo:
– tachicardia da rientro atrioventricolare (TRAV) (>70% dei casi) in cui esiste una via accessoria di conduzione dell’impulso elettrico; può verificarsi in pazienti con cuore morfologicamente sano o con cardiopatie congenite quali malattia di Ebstein, cardiomiopatia ipertrofica, difetto interventricolare;
– tachicardia atriale ectopica (TAE);
– tachicardia da rientro dal nodo atrioventricolare (TRNAV);
– flutter atriale (può verificarsi anche in neonati con cuore morfologicamente normale, ma è generalmente associata a cardiopatie strutturali o può comparire dopo interventi cardiochirurgici);
– tachicardia giunzionale (JET) (si osserva anche dopo interventi cardiochirurgici di correzione di difetto interventricolare, tetralogia di Fallot, canale atrio-ventricolare)

La TRAV e la TAE hanno una incidenza costante nelle varie fasce di età, mentre la TRNAV è estremamente rara prima dei 12-24 mesi di vita e tende ad aumentare dopo i 5 anni di vita con un’incidenza del 15% tra i 5 e i 10 anni e del 50% nella tarda adolescenza.

Tra le aritmie ventricolari troviamo:
– extrasistoli ventricolari: possono essere documentate alla registrazione elettrocardiografica continua delle 24 ore (Holter ECG) in circa il 40% dei bambini sani. Se sono poco frequenti, isolate (ovvero non se ne osservano più di una nel contesto di una fase di ritmo cardiaco normale) e monomorfe (ovvero tutte della stessa “forma”), in assenza di anomalie morfologiche del cuore, generalmente sono benigne; se invece non presentano le caratteristiche appena descritte, sono meritevoli di approfondimento diagnostico;
– ritmo idioventricolare accelerato;
– tachicardia ventricolare: in presenza di cuore morfologicamente sano, può essere ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo destro (tachicardia ventricolare monomorfa del tratto di efflusso, 60-80% dei casi) o dalla parete infero-settale del ventricolo sinistro (tachicardia ventricolare fascicolare, 20% dei casi); meno benigne sono la tachicardia ventricolare neonatale incessante (causa precoce di alterazione della funzione contrattile del ventricolo, anche detta “tachicardiomiopatia”) o la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica che può essere slatentizzata dalla attività fisica e può degenerare in aritmie gravi, anche letali; infine una tachicardia ventricolare può verificarsi dopo intervento cardiochirurgico, innescandosi a livello della sede anatomica della correzione.

Esistono inoltre delle aritmie su base genetica, in cui le alterazioni del DNA determinano la produzione di proteine anomale a livello dei canali ionici che conducono l’impulso elettrico cardiaco (le cosiddette “canalopatie”) o delle altre strutture che costituiscono la cellula cardiaca (le cosiddette “sindromi aritmiche strutturali”).

Tra le canalopatie troviamo:
– sindrome del QT lungo
– sindrome di Brugada
– sindrome del QT corto
– tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica
– malattia di Lènegre.

Tra le sindromi aritmiche strutturali troviamo:
– cardiomiopatia aritmogena
– cardiomiopatia ipertrofica
– cardiomiopatia dilatativa su base genetica
– cardiomiopatia da non compattazione.

Tra le bradiaritmie troviamo:
– bradicardia sinusale: nel neonato, può verificarsi dopo un parto particolarmente difficile e generalmente si risolve entro le 48-72 ore dalla nascita; se persistente, può essere causata ad esempio da infezioni, alterazioni del sistema nervoso centrale, ipotiroidismo o alterazioni degli elettroliti;
– disturbi di conduzione elettrica: possono essere associati o meno a cardiopatia congenita o essere secondari a infiammazione del muscolo cardiaco, somministrazione di farmaci, disturbi degli elettroliti; sono classificati in:
o blocco atrio-ventricolare di I grado (generalmente benigno);
o blocco atrio-ventricolare di II grado tipo Luciani-Wenckebach (generalmente benigno);
o blocco atrio-ventricolare di II grado tipo Mobitz 2;
o blocco atrio-ventricolare di III grado (figura 2).

Il blocco atrioventricolare di II grado tipo Mobitz 2 e il blocco atrioventricolare di III grado possono essere congeniti, cioè presenti alla nascita, o possono comparire in età infantile.
Spesso, il blocco atrioventricolare congenito può essere causato dal passaggio di auto-anticorpi materni attraverso la circolazione fetale, durante la 16-23° settimana di gravidanza.

Figura 2.

Diagnosi e terapia

Nel neonato e nel bambino piccolo la sintomatologia determinata dalle aritmie può essere poco evidente e manifestarsi ad esempio con affaticabilità durante i pasti, astenia, pallore, scarsa interazione con l’ambiente, pianto inconsolabile.
Il bambino più grande invece spesso è in grado di riferire sintomi quali dolore al petto e sensazione di cardiopalmo.
La diagnosi può essere eseguita mediante elettrocardiogramma standard a 12 derivazioni, anche se talora è necessario approfondire i disturbi con un monitoraggio continuo dell’elettrocardiogramma delle 24 ore (Holter ECG), con test ergometrico o con indagini aritmologiche più raffinate quali lo studio elettrofisiologico transesofageo.

Le aritmie sopraventricolari sono generalmente responsive a terapia farmacologica, ma possono richiedere procedure di ablazione (cioè “rimozione del substrato aritmico”) per via transcatetere che solitamente si eseguono quando il bambino raggiunge un’età ed un peso adeguati (dopo i 10 anni circa).
Anche le forme di tachicardia ventricolare monomorfa del tratto di efflusso e fascicolare possono essere trattate con farmaci e/o con l’ablazione della aritmia, mentre le forme più aggressive, come la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica possono richiedere l’impianto di defibrillatore (ICD), ovvero di un dispositivo elettronico in grado di monitorare il battito cardiaco ed intervenire, con l’erogazione di shock elettrico, in caso di insorgenza di aritmia maligna.
Le sindromi aritmiche su base genetica richiedono invece couseling genetico con esecuzione dei prelievi per la ricerca di specifiche mutazioni genetiche e l’avvio di terapia farmacologica specifica per la singola sindrome. Può anche rendersi necessario l’impianto di ICD.
Le bradiaritmie gravi richiedono invece il posizionamento di pacemaker (PMK), ovvero di un dispositivo elettrico in grado di monitorare il battito cardiaco ed inviare al cuore specifici impulsi elettrici favorendone la contrazione in caso di rallentamento eccessivo.